DENALI
Alaska
Nord-America
AMS Denali expedition 2006
Nel cuore dei grandi spazi selvaggi dell’Alaska, in prossimità del Circolo Polare Artico, il Mount McKinley, o Denali (“Il Grande” in lingua indiana) è la cima più alta, con i suoi 6.194 metri, del continente Nord Americano. Situato tra la costa del Pacifico e le immensità glaciali del distretto di Bering, questa enorme montagna è una delle più isolate del pianeta. L’adattamento alle condizioni climatiche estreme ed la progressione in totale autonomia è la chiave per la “conquista” del gigante dell’Alaska.
Mi porto ancora il sapore dell’Aconcagua dentro e sto già volando verso il nord del continente americano, la parte più solitaria, grigia e bianca degli USA: l’Alaska. Una distesa infinita di boschi, con fiumi e torrenti che l’attraversano e che trascinano lungo il loro percorso fango e tronchi verso il mare lontano. Una terra dal sapore di ultima frontiera, una sfida dell’uomo nei confronti della natura selvaggia e in fondo la continuità americana nella ricerca di nuovi spazi. Il mito del far-west è stato trasferito nell’area più a nord del continente e ancora oggi per molti americani è il luogo dove arrivare. Proprio ad Anchorage ho conosciuto le storie più incredibili di gente che è giunta qui nella terra “promessa” e che non è più riuscita ad andarsene. Mi serbo gelosamente dentro il ricordo di una coppia di folk-singers al mercato all’aperto della capitale che dopo il mio arrivo, rivolgendosi a me, mi hanno dedicato la canzone “Hello stranger” con lei che la intonava con quella sua voce cristallina alla Joan Baez che mi ha commosso.
Partito stamattina 10 maggio da Bologna, la sera alle 19 sono ad Anchorage grazie al fuso e ai miracoli dell’aereonautica. Il giorno seguente proseguo con Andy e Marcus, 2 dei miei compagni di spedizione mentre Christian e Jared sono già a destinazione, verso il minuscolo centro di Talkeetna, base di partenza per le spedizioni verso la catena del Mount McKinley, ai confini con il Circolo Polare Artico. Usciti da Anchorage lo shuttle corre in direzione nord-est su una strada senza rilievi che si snoda dolcemente tra boschi di betulle e pini e sullo sfondo una serie di cime innevate. Maggio è un mese bellissimo qui, forse il migliore, senza il freddo e il buio invernale che l’attanagliano e le zanzare estive che sono un tormento da delirio; è il momento del disgelo e di una temperatura gradevolissima in basso ma ancora glaciale sui monti. Talkeetna è una piccola perla in fondo alla pianura e prima dei rilievi. E’ tutta concentrata lungo la Main Street, 300 metri!!, e attraversata dalla B Street e la D Street lunghe un centinaio di metri cadauna. Sembra il paesino delle favole del West ma è la mia realtà di oggi. Sono accasato al Roadhouse Hotel, altra chicca tipica americana e mancano solo i cavalli fuori l’albergo per completare il quadro. La vita si muove tutta intorno Nagley’s, un negozio che ha dentro di tutto, e al West Rib Pub a fianco, dove la birra scorre a fiumi. Il 12.05 voliamo in 40 minuti al campo base con un cielo limpidissimo mentre ieri era nuvoloso.
La catena del McKinely si trova a una ventina di chilometri da Talkeetna e il piccolo bielica si inoltra tra vallate percorse da ghiacciai eterni e cime rocciose prima di posarsi sulla “pista” incerta e in salita ai piedi della maestosa e immensa piramide della montagna. Dopo un giorno di permanenza al campo base, o meglio Campo 1 come qui viene definito il campo base, il 14.05 partiamo per il Campo 2 con un tempo stupendo e fa persino caldo. Il dislivello coperto oggi è poco ma il percorso è lungo e faticoso anche perché ci portiamo, e ci porteremo, addosso uno zaino stracarico e pesantissimo e per altri 2 campi pure la slitta al traino, che tira sempre da una parte o dall’altra ma quasi mai bilanciata. Ma il McKinley è così per tutti. Il 16.05 arriviamo ai 3.445 metri del campi 2 con 6,45 ore di faticosa marcia risalendo 3 balze dopo il campo fino al passo e poi si sale il pendio ripido a destra su 2 spalle e oltre c’è il campo. Al nostro arrivo inizia a nevicare e andrà avanti per il resto della giornata e la notte a seguire.
Il 17.05 riscendiamo al campo intermedio dove avevamo lasciato, sepolti nella neve, dei carichi per ricuperarli e li portiamo al Campo 3 sempre sotto la neve; in alto sembra che il cielo sia limpido e illuminato dal sole e speriamo si mantenga per noi quando arriviamo lassù.
Il 18.05 trasportiamo una parte del carico oltre il Windy Corner e sono 5 ore durissime di salita, più una per la discesa, con la slitta che andava da una parte e dall’altra, talvolta incontrollabile e motivo di deconcentrazione. Continua a nevischiare, come sempre, e il cielo è coperto ma sopra si intravvedono scorci di sole. IL 19.05 dopo 7 ore faticosissime di salita arriviamo al Campo 4 (mt.4.490) dopo aver superato il Windy Corner con un vento e un freddo pazzesco, e appena dopo la mia slitta è finita in un crepaccio e subito dopo averla ricuperata ci finisce dentro Marcus senza conseguenze perché legato a noi. I crepacci sono veramente insidiosi e muoversi in sicurezza è obbligatorio e necessario più che in qualsiasi altro luogo del mondo; non ci credevo e non avrei mai immaginato ma il McKinley è una montagna a sé, dalle caratteristiche uniche e inusuali. IL 22.05 saliamo oltre le corde fisse al Campo Deposito (mt.5.060) dove lasciamo parte del materiale e scendiamo sotto una fitta nevicata che andrà avanti sino a notte.
Il 23 e 24 siamo fermi per il vento che spira forte e gelido e il 25 alle 10,45 si parte per il Campo 5 (mt.5.250) con uno zaino troppo pesante; alle 18,30 arriviamo ma il vento non da tregua. I giorni a seguire sino al 29.05 sono veramente duri per il freddo e il vento che soffia con una violenza inimmaginabile, da scuotere e gettare a terra persino i blocchi di ghiaccio, ben riposti e incastrati, a protezione delle tende, che fin da subito hanno mostrato dei cedimenti preoccupanti. In queste condizioni ho veramente temuto che la cima, sopra di noi, fosse irraggiungibile, ed il 29 mattina, ultimo giorno utile prima del rientro, prima di partire quasi ci credevo. Lasciamo il Campo 5 alle 10 e accompagnati dal vento e da un cielo plumbeo alle 17,26 arriviamo in vetta dove del panorama circostante si vede poco o niente ma chi-se-ne-frega; siamo in cima. Siamo arrivati percorrendo la cresta afflilata tra la nebbia, ma forse è stato meglio; con il residuo di forze in corpo che ci erano rimaste, non vedere le pareti scoscese sotto di noi ci ha risparmiato la vista del pericolo. Rientriamo alle 21 al Campo 5 stracotti dalla stanchezza e domani ci aspetta una lunga discesa non facile, ma è tutto OK.
E’ veramente tutto OK e Talkeetna mi sembra già il posto più bello del mondo, con la birra più buona del mondo e dalla nonna all’Hotel “House of Seven Trees” dove sosterò, di fronte al Roadhorse, si sta da Dio. Quando Andy, Marcus, Christian, Jared ed io lasciamo il West Rib Pub la sera del rientro dal Campo Base abbiamo delle difficoltà nel reggerci in piedi per raggiungere l’hotel, ma non dalla stanchezza, ma per i 170 $ di birra che ci siamo scolati. Ad Anchorage mi aspettano i concerti di Soulman Sam , available for all types of gigs, porta scritto nel suo biglietto da visita e lui è un grande della musica Soul e Blues. Quando con l’aereo sorvolo le montagne dell’Alaska per attraversare il Canada e ritornare nel cuore degli USA, sento di essere veramente felice per lasciarmi alle spalle una bega alpinistica mica da poco e con la certezza che la prossima meta sarà certamente più facile.
N.B. IL McKinley è una montagna difficile ed ostica comunque sia.
In condizioni di vento e tempo brutto diventa durissima e pericolosa. Il vento è una minaccia e persiste per giorni interri senza il minimo cedimento. Le tende e i nervi degli alpinisti vengono messi a dura prova come pure la vita tra i campi, con carichi disumani da portarsi addosso e cambi di pendenza e di freddo repentini. L’ambiente è fantastico e in molti frangenti dai panorami mozzafiato ma non molla mai nelle difficoltà e non garantisce mai delle certezze.
Componenti la spedizione:
Andy Hopper – United Kingdom
Christian March – USA
Jared Brooks – USA
Marcus Smith – Australia
Mario Trimeri – Italia
Hanno raggiunto la vetta:
Andy Hopper – United Kingdom
Marcus Smith – Australia
Christian March – USA
Jared Brooks – USA
Mario Trimeri – Italia
Date spedizione AMS Denali Expedition 06: dal 10 maggio al 5 giugno 2006